Il ritorno alle origini
Artista conosciuto e apprezzato. Trasgressivo sempre ma originale, elaboratore di una poetica legata alla più alta tradizione rinascimentale e, allo stesso tempo, arricchito dagli apporti di Arturo Martini e della sua concezione della scultura intesa come arte indipendente, non decorativa.
Le sculture, pregne di umanità, di esistenza e resistenza umana sono plasmate dalla sofferenza e dalla continua ricerca di libertà. Si rivolgono alla terra ma guardano verso il trascendente, nascondono all’occhio e rivelano alla mente e al cuore. Sono cioè opere in cui De Paoli accede ad una sfera originaria dell’essere, ad un cominciamento e non a un divenuto, all’esserci. Le forme non sono date realisticamente ma proposte nella loro primigenia natura, in un processo di scavo della materia. L’inesprimibile è sotteso, l’occhio non può non cercarlo e la mente non immaginare. Lo. spettatore è introdotto in un universo infinito, costruito con forza ed energia dall’autore con i sudi tratti decisi: le sue mani toccano e plasmano materialità, usano trucchi per indurre il fruitore a guardare meglio, a sommuovere i propri sensi e a vedere la vitalità di ciascuna scultura.
La luce che avvolge con i suoi fasci le opere, rinvia a proiezioni metafisiche, a luminose ombre , tese verso l’Infinito, già vissuto e interiorizzato dai diversi soggetti. La Rocca di Soncino è il reale luogo in cui collocare le opere prime di questo artista. Suggestiona il gioco cromatico, lo spazio, aperto e chiuso, vulnerabile e ascoso, antico e futuro, atavico e contemporaneo, proteso, proprio come l’arte di De Paoli verso il cielo, ma legato all’esperienza del corpo materico. E’ cioè il paesaggio ideale per la sua poetica. Così il percorso della mostra è un viaggio verso l’Assoluto, coglibile attraverso la visione dell’intensità della vita e dell’esistenza umana ma anche naturale. Lo spettatore è accolto da Virgilio, il poeta simbolo della conoscenza e. soprattutto, dei limiti umani e della ricerca di un luogo dove poter realizzare la felicità vera. spirituale, impossibile per le sole forze dell’uomo. La proiezione Virgiliana è al centro del sistema De Paoli, da essa si irradiano i numerosi movimenti di ricerca identitaria delle sculture modellate sull’argilla, sulla materia prima del creatore. Terra di terra ma a contatto con lo spazio aperto, apparentemente legata all’hic et nunc, in profondità e allegoricamente rivissuta e rispazializzata dal fruitore, anche grazie al contesto della Rocca di Soncino, in una continua metamorfosi dell’indefinibile. Discorso alquanto difficile da comunicare, eppure autenticamente artistico: Virgilio rimanda all’uomo di tutti i tempi, in preda ai tormenti e alle gioie dell’esistenza., desideroso di superare questa realtà bruta per ergersi nella sua unicità e congiungersi al sito luogo originario, per tornare alla sua sacralità, a ricongiungersi a Dio. L’essenza di Virgilio è proprio, in linea con la più classica delle immagini del dux, l’elevazione dell’uomo al di sopra tutte le creature a causa della sua diversità ontologica esistenziale. Intelligenza, ricerca, saggezza. apertura infinita della mente, forza, energia, piena vitalità, poeticità, genialità espressiva appartengono a Virgilio, all’uomo divenuto, formato esistenzialmente ma provato, angolarizzato, reso spigoloso e refrattario all’intervento di una seconda mano, quella dell’artista. La durezza espressiva deriva dal personaggio simbolo, incarnazione dell’esistenza molteplice, dei per-corsi tortuosi seguiti dall’umanità, ancora in fieri. Così sembrerebbe che la materia non voglia farsi definire. Che il fare creativo incorra in una limitazione da parte del soggetto: l’Uomo —Virgilio non è qui ed ora ma altrove, desidera essere in altro luogo come ogni uomo che non riesca ad essere felice nella situazione transeunte. E allora? De Paoli propone una via d’uscita. Virgilio e il suo doppio. Virgilio e la sua ombra. Virgilio e la sua proiezione verso uno spazio e un tempo nuovi, rinnovati dalla sua presenza e dalla sua semplicità terrena, italica ed etrusca allo stesso tempo. Virgilio induce lo spettatore a ricostruire la storia umana, in un percorso rimemorativo e a rinnovare l’esperienza esistenziale di ciascuno di noi, a riflettere, a cercare un mondo migliore in cui l’altro sia sempre considerato come un nostro simile. Non a caso molte sculture dell’artista sono doppie, sono fatte di corpi umani che si guardano, si toccano, a volte si abbracciano teneramente, cercano un contatto empatico, una comunicazione fisica per poter partire, insieme, verso un lungo viaggio metafisico – esistenziale. Spesso hanno i piedi puntati sulla nuda terra ma la mente rivolta a Dio.
L’amore, l’eros, la comunicazione dell’inesprimibile sono presenti in tutte le opere esposte e sono trasmessi all’osservatore attraverso un gioco dei volumi, la dinamica dei corpi, nudi ed essenziali. Spesso questi esseri vengono fuori da uno spazio materico, tendono le mani verso l’alto, sono in tensione, guardano ma hanno paradossalmente sguardi abbozzati, occhi chiusi, non finiti michelangiolescamente, lasciati alla libera interpretazione del fruitore che riuscirà a dare un surplus di senso, perché non potrà fare a meno di raccordarsi con l’umanità di ciascuna proposta. Sono tutti corpi pronti a rifare il cammino, a tornare all’origine, verso Dio, a ricostituire la propria speciale identità. Il tempo presente limita questa ricerca, anzi tende a soffocare questo cammino. L’artista De Paoli porta a chiarezza, con le sue sculture, la radicalità dell’essere umano, la sua molteplice esperienza e aiuta il singolo a guardarsi dentro e a riprendere con più vigore il cammino della propria esistenza.
Leonardo Bizzoco