“Sinergie Indotte” è un progetto realizzato al seguito del concorso nazionale indetto dal centro anziani Padre Odone Nicolini a Pieve di Bono.
Non è stato facile progettare un opera per centro anziani.
L’aumento dell’aspettativa della vita ha fatto grande notizie nei media ma, nel frattempo, non si è parlato abbastanza della “qualità di vita” della terza età. In effetti gli anziani, sia quelli autosufficienti che con le diverse problematiche legate allo stato di salute, spesso si trovano sempre più isolati.
Il progresso, la vita frenetica e costruzione di un nuovo nucleo famigliare fa scatenare dentro di ognuno l’ottica illusoria che ci fa vedere i nostri genitori sempre forti e indipendenti. Purtroppo non è così.
Con l’avanzamento dell’età i bisogni delle persone cambiano; la riduzione delle capacità motorie, cambiamento dell’aspetto, non sentirsi più “giovane” o le malattie fanno percepire di più la propria vulnerabilità. I famigliari non sempre riescono a percepire o far fronte di queste situazioni.
L’invecchiamento della popolazione rappresenta un fenomeno sociale in notevole aumento soprattutto nelle società occidentali. Nella società contemporanea si insinuano sempre più, nelle persone anziane, sentimenti di inquietudine e di timore verso un ambiente spesso ostile.
I fatti di cronaca su aggressioni e furti, le testimonianze da parte di vicini, familiari o amici, le stesse esperienze subite, minano l’equilibrio che faticosamente l’anziano tenta di costruirsi. Ciò facilita l’insorgenza di paure, angosce e smarrimenti verso un ambiente sociale non riconosciuto più come proprio.
Per le persone che si presentano in condizione di debolezza e di emarginazione per motivi fisici, psichici, economici (la cosiddetta utenza «debole») è molto difficile disporre di un’abitazione idonea alle proprie esigenze o di una idonea assistenza quotidiana.
In queste situazioni i centri che forniscono i servizi socio-sanitari e assistenziali diventano una realtà molto importante sia per l’anziano che per le famiglie che gli affidano i propri cari. Un aiuto rivolto soprattutto agli anziani. Aiuto per farli ritrovare la tranquillità e un proprio equilibrio. Importante trovarsi in un ambiente sicuro e socievole sia per quanto riguarda la residenza presso un istituto che la frequentazione di accoglimento diurno.
E’ una mano che viene data alla persona che ne ha bisogno. Oppure è semplicemente un espressione di vicinanza fisica e spirituale che diventa anche scambio di emozioni.
Il mio progetto parte proprio da un intreccio di mani: tra una segnata dal tempo e altre due visibilmente più giovani che cercano il contatto.
La composizione in altorilievo che ho realizzato per il centro anziani è immersa in una atmosfera metafisica. E’ divisa in due fasce distinte ma comunicanti. Una è interna delineata da strutture geometriche. Altra invece è esterna caratterizzata da un campo prospettico.
Questa prima presenta la figura di un anziano seduto che campeggia in un spazio limitato da pannelli che formano una nicchia. La struttura ricorda una scatola apribile ed è l’allegoria alla dimensione in cui vive spesso l’anziano, che volontariamente si richiude ma facilmente si riapre se stimolato a vivere “una seconda giovinezza”.
Altra figura al centro rappresenta un giovane. Lui tende le proprie mani quasi ad invitare l’anziano ad uscire dalla struttura e varcare la dimensione proposta alla destra della composizione. Questa rappresenta la vita e l’esperienza dello stesso personaggio che quando ritrova se stesso può offrire ai più giovani i migliori consigli sulla vita.
Il ponte, o meglio la proiezione dello stesso in prospettiva, non è una citazione nietzcheana di “Cosi parlò Zarathustra” dove porta al superamento dell’entità umana verso il super uomo. E’ un collegamento tra il passato, il presente e il futuro.
La figura dell’anziano è una fonte di esperienze incredibili. Può fornire le basi per il futuro di tutti ed è sufficiente talvolta dargli la opportunità di essere la chiave per la crescita spirituale della società.
L’intreccio delle mani quindi non è solo un invito ad uscire dall’isolamento. Diventa un scambio di energie, quella fisica dal giovane e quella spirituale dal “vecchio maestro”. Infondo nell’antichità questa figura era venerata e ricopriva ruoli di comando nelle gerarchie.
Infine la proiezione del ponte si perde nella prospettiva verso un orizzonte libero da confini con un accenno di montagne stilizzate. Quest’ultima è un altra allegoria alla saggezza.
La mia proposta non vuole raccontare dei centri assistenziali ma dell’aiuto che si può offrire agli anziani rimasti soli e isolati. Solo attraverso la loro esperienza e saggezza si può migliorare il mondo evitando gli errori e orrori della storia.
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